Un gruppo di ricerca internazionale rileva il precursore di un buco nero supermassiccio nei dati di archivio del telescopio Hubble

hubble
Italiano

La scoperta di buchi neri supermassicci nell'universo primordiale, con masse fino a diverse centinaia di milioni di volte quella del sole, ha sollevato il problema di capire come oggetti di questa taglia siano stati in grado di formarsi e crescere nel breve periodo di tempo successivo alla nascita dell’Universo (meno di un miliardo di anni). Teoricamente, un buco nero inizia dapprima ad aumentare la sua massa accrescendo gas e polvere nel nucleo di una galassia ricca di polvere e caratterizzata da elevati tassi di formazione stellare (una cosiddetta galassia starburst polverosa). L’energia generata nel processo spazza via i materiali circostanti, trasformando il sistema in un quasar, una sorgente astrofisica molto luminosa e compatta.

Fino a oggi sono state scoperte galassie starburst polverose e quasar luminosi post-transizione ad appena 700-800 milioni di anni dopo il Big Bang, ma non è mai stato trovato un “giovane” quasar nella fase di transizione, la cui scoperta deterrebbe la chiave per la comprensione dei meccanismi di formazione dei buchi neri supermassicci nell’Universo primordiale.

Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dall’astronomo Seiji Fujimoto dell'Università di Copenaghen, con la partecipazione, fra gli altri, di Raffaella Schneider del Dipartimento di Fisica della Sapienza e di Rosa Valiante dell’Istituto nazionale di astrofisica - INAF, ha rianalizzato una grande quantità di dati d'archivio estratti dal telescopio spaziale Hubble e ha scoperto un oggetto, denominato poi GNz7q, che è proprio l'anello mancante tra le galassie starburst e i quasar luminosi nell'universo primordiale. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Nature. 

Le osservazioni spettroscopiche con i radiotelescopi hanno mostrato che il giovane quasar è nato solo 750 milioni di anni dopo il Big Bang. Tali osservazioni, sono state poi confrontate con i modelli teorici. Questa importante fase del lavoro è stata svolta da Raffaella Schneider della Sapienza e da Rosa Valiante dell’INAF e ha mostrato come le caratteristiche dello spettro elettromagnetico di questo oggetto, dai raggi X alle onde radio, non si discostano dalle previsioni delle simulazioni teoriche.

La scoperta di GNz7q non solo rappresenta un elemento importante per comprendere l'origine dei buchi neri supermassicci, ma anche un motivo di sorpresa per i ricercatori: la rilevazione infatti è stata fatta in una delle regioni più osservate nel cielo notturno - denominata GOODS, Great Observatories Origins Deep Survey, oggetto d'indagine astronomica dei telescopi più potenti mai costruiti (Hubble, Herschel e XMM-Newton dell'ESA, il telescopio spaziale Spitzer della NASA e l'Osservatorio a raggi X Chandra, oltre a potenti telescopi terrestri, compreso il telescopio Subaru) - suggerendo quindi che sorgenti di questo tipo possano essere più frequenti di quanto si pensasse in precedenza.

Il gruppo di ricerca si propone di condurre una ricerca sistematica di sorgenti simili utilizzando campagne osservative ad alta risoluzione e di sfruttare gli strumenti spettroscopici del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA, una volta che sarà in regolare funzionamento, per studiare oggetti come GNz7q con una ricchezza di dettagli senza precedenti. 

 

Riferimenti:
Fujimoto et al. 2022, Nature, DOI 10.1038/s41586-022-04454-1


 

Figura 1: GNz7q, un oggetto che mostra segni di un buco nero in rapida crescita all'interno di una galassia in forte formazione stellare e ricca di polvere interstellare (starburst polveroso), colorato nell'immagine combinando i dati di tre osservazioni a colori del telescopio spaziale Hubble. Trovato nella regione GOODS-North[1], una delle regioni del cielo più studiate fino ad oggi, GNz7q è l'oggetto rosso al centro dell'immagine ingrandita (Credito: ESA/Hubble).

Figura 2: un'impressione artistica di un giovane buco nero in crescita che emerge dal centro di una galassia starburst polverosa, mentre i materiali densi circostanti di gas e polvere vengono spazzati via dalla potente energia generata quando il buco nero cresce rapidamente accrescendo la materia circostante. (Credito: ESA/Hubble)
 

 

L' Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma