#: locale=it ## Tour ### Description ### Title tour.name = Virtual Tour Museo Fisica ## Skin ### Multiline Text HTMLText_40D51A62_6A08_310E_41BD_B26F5DC42483.html =
INFO COLORI



Giallo
Collezione elettricità e magnetistmo


Rosso
Collezione meccanica


Arancio
Collezione acustica
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INFO COLORI



Giallo
Collezione elettricità e magnetistmo


Rosso
Collezione meccanica


Arancio
Collezione acustica
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OROLOGIO ELETTRICO


Reperto in legno e metallo, Gabinetto Fisico della Sapienza, 1860 ca


Dopo il perfezionamento del telegrafo elettrico di Wheatstone e il diffondersi anche in Italia, dalla seconda metà dell'Ottocento, delle linee di collegamento tra stazioni lontane, si affermò l'idea di "telegrafare il tempo". A tale scopo, un orologio a pendolo nella stazione principale veniva predisposto, mediante un elettromagnete alimentato da una batteria e dei fili conduttori, a comunicare con l'indice di un orologio lontano, posto nella stazione di arrivo.
Il circuito in cui era inserito l'orologio principale veniva chiuso a intervalli regolari, per esempio di un secondo, da un interruttore comandato dal moto dello stesso pendolo; l'elettromagnete attirava quindi periodicamente il pendolo che azionava a distanza una ruota dentata, collegata all'indice dell'orologio secondario, facendola avanzare di un dente in modo che l'indice segnasse sul quadrante gli stessi intervalli di tempo. Un sistema a ingranaggi nel secondario commutava poi l'intervallo di un secondo in minuti e ore.
Collegando l' "orologio regolatore" agli orologi di una serie di stazioni secondarie lungo una stessa linea telegrafica, era possibile accordare e sincronizzare il tempo, procedura che venne presto estesa a un'intera linea, regionale o nazionale, per regolare ogni tipo di orologio.
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OROLOGIO ELETTRICO


Reperto in legno e metallo, Gabinetto Fisico della Sapienza, 1860 ca


Dopo il perfezionamento del telegrafo elettrico di Wheatstone e il diffondersi anche in Italia, dalla seconda metà dell'Ottocento, delle linee di collegamento tra stazioni lontane, si affermò l'idea di "telegrafare il tempo". A tale scopo, un orologio a pendolo nella stazione principale veniva predisposto, mediante un elettromagnete alimentato da una batteria e dei fili conduttori, a comunicare con l'indice di un orologio lontano, posto nella stazione di arrivo.
Il circuito in cui era inserito l'orologio principale veniva chiuso a intervalli regolari, per esempio di un secondo, da un interruttore comandato dal moto dello stesso pendolo; l'elettromagnete attirava quindi periodicamente il pendolo che azionava a distanza una ruota dentata, collegata all'indice dell'orologio secondario, facendola avanzare di un dente in modo che l'indice segnasse sul quadrante gli stessi intervalli di tempo. Un sistema a ingranaggi nel secondario commutava poi l'intervallo di un secondo in minuti e ore.
Collegando l' "orologio regolatore" agli orologi di una serie di stazioni secondarie lungo una stessa linea telegrafica, era possibile accordare e sincronizzare il tempo, procedura che venne presto estesa a un'intera linea, regionale o nazionale, per regolare ogni tipo di orologio.
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ARMONIUM


Appunn, Hanau (Germania)
1887
113x72x127 cm
Legno, avorio, ebano, ottone, acciaio


L'Armonium di Pietro Blaserna, costruito da Appunn nel 1887, è uno strumento unico al mondo. Le sue quattro tastiere sono accordate in modo differente, secondo scale diverse. Si può agire agevolmente con la stessa mano su due o più tasti appartenenti a tastiere adiacenti, grazie ai bottoni presenti sopra ogni tasto. In questo modo lo sperimentatore poteva suonare lo strumento usando scale miste.
La quarta tastiera è costituita da bottini e non si presta ad essere utilizzata per l’esecuzione di brani musicali.


L'armonium è uno strumento ad aria, fornito di ance e tastiera, dal suono simile a quello di un organo: la differenza sostanziale è nell'uso delle ance libere anziché di canne a flauto.
Lo strumento musicale qui descritto, fatto costruire appositamente da Blaserna per lo studio delle consonanze, delle dissonanze e delle leggi numeriche sugli accordi musicali, ha un'estensione di 5 ottave ad intonazione esatta (cioè basate sugli intervalli variabili fra le note della scala naturale) con 48 suoni per ottava. Ciò è ottenuto grazie alla generazione delle note fondamentali e di loro diesis multipli. Ha 6 tastiere di 61 tasti: quelli rettangolari, da pianoforte; quelli tondi, al disopra dei rettangolari, che ripetono i suoni della tastiera sovrastante tranne che per l'ultima fila. Al centro della seconda tastiera vi è un tasto sul quale è incisa la frequenza della nota campione LA3=435 Hz.
L'intero mobile in legno funziona da cassa armonica ed il suono fuoriesce da una finestra frontale, chiusa da una tela a trama larga e da una griglia in legno lavorato a traforo, posta sopra le tastiere. In basso, due pedali permettono di generare il flusso d'aria necessario al funzionamento.
Sebbene privo del coperchio delle tastiere, andato perso, questo armonium, fondendo in sé intelligenza di progettazione, elevata perizia costruttiva e raffinatezza ebanistica, è un oggetto museale unico.
L'armonium è stato restaurato nel 2018 dalla Fabbrica Artigiana Organi MICHELOTTO di Padova.
Il museo di fisica conserva anche un patrimonio immateriale consistente nelle registrazioni del suono dell'armonium che potete ascoltare in questo tour.
Inserire le tre tracce audio del brano Preludio n. 1 BWV 55 di J. S. Bach.
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ARMONIUM


Appunn, Hanau (Germania)
1887
113x72x127 cm
Legno, avorio, ebano, ottone, acciaio


L'Armonium di Pietro Blaserna, costruito da Appunn nel 1887, è uno strumento unico al mondo. Le sue quattro tastiere sono accordate in modo differente, secondo scale diverse. Si può agire agevolmente con la stessa mano su due o più tasti appartenenti a tastiere adiacenti, grazie ai bottoni presenti sopra ogni tasto. In questo modo lo sperimentatore poteva suonare lo strumento usando scale miste.
La quarta tastiera è costituita da bottini e non si presta ad essere utilizzata per l’esecuzione di brani musicali.


L'armonium è uno strumento ad aria, fornito di ance e tastiera, dal suono simile a quello di un organo: la differenza sostanziale è nell'uso delle ance libere anziché di canne a flauto.
Lo strumento musicale qui descritto, fatto costruire appositamente da Blaserna per lo studio delle consonanze, delle dissonanze e delle leggi numeriche sugli accordi musicali, ha un'estensione di 5 ottave ad intonazione esatta (cioè basate sugli intervalli variabili fra le note della scala naturale) con 48 suoni per ottava. Ciò è ottenuto grazie alla generazione delle note fondamentali e di loro diesis multipli. Ha 6 tastiere di 61 tasti: quelli rettangolari, da pianoforte; quelli tondi, al disopra dei rettangolari, che ripetono i suoni della tastiera sovrastante tranne che per l'ultima fila. Al centro della seconda tastiera vi è un tasto sul quale è incisa la frequenza della nota campione LA3=435 Hz.
L'intero mobile in legno funziona da cassa armonica ed il suono fuoriesce da una finestra frontale, chiusa da una tela a trama larga e da una griglia in legno lavorato a traforo, posta sopra le tastiere. In basso, due pedali permettono di generare il flusso d'aria necessario al funzionamento.
Sebbene privo del coperchio delle tastiere, andato perso, questo armonium, fondendo in sé intelligenza di progettazione, elevata perizia costruttiva e raffinatezza ebanistica, è un oggetto museale unico.
L'armonium è stato restaurato nel 2018 dalla Fabbrica Artigiana Organi MICHELOTTO di Padova.
Il museo di fisica conserva anche un patrimonio immateriale consistente nelle registrazioni del suono dell'armonium che potete ascoltare in questo tour.
Inserire le tre tracce audio del brano Preludio n. 1 BWV 55 di J. S. Bach.
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CANNE D’ORGANO IN LEGNO


Reperti in legno
R. König, Parigi; 1864-1872 ca.


Di tubi sonori aperti se ne costruirono di due tipi: a bocca (o a flauto) e a linguetta (o ancia). I tubi a bocca, come le canne d'organo comuni, consistono di un piede, che serve a fissarle sulla soffieria, e di una canna. Nell'innesto dell'uno con l'altra vi è una piccola camera che sbocca in una stretta fenditura attraverso la quale passa l'aria: contro questa fenditura vi è una lamina tagliata a coltello.
A causa di tale disposizione, una parte dell'aria iniettata dal mantice urta contro l'orlo del coltello ed esce; l'altra penetra nella canna e ne esce dalla parte opposta. Vengono così a crearsi delle perturbazioni di pressione le quali danno origine, grazie all'instaurarsi di un fenomeno di retroazione, ad un'onda stazionaria di frequenza uguale alla frequenza di risonanza del tubo; coesisteranno delle armoniche, ma con ampiezza minore.


All'aumentare della velocità dell'aria immessa, il suono sale di frequenza potendo essere emessi gli armonici superiori sia di ordine pari, sia dispari. Poiché un tubo non può che dare un suono fondamentale e le sue armoniche superiori, in diverse occasioni si rendevano utili delle serie formate da canne di diversa frequenza fondamentale per poter generare tutti i suoni di una scala musicale e per studi sull'interferenza. Inoltre, motivi costruttivi riguardanti le soffierie rendevano conveniente mantenere costante la pressione dell'aria immessa utilizzando canne diverse per generare le armoniche superiori.
Per modificare leggermente lo stato della colonna d'aria vibrante all'interno del tubo, tenendo conto che il comportamento delle canne reali è influenzato da variazioni di temperatura e umidità, si utilizzavano spesso tubi con un foro praticato in prossimità del lato aperto (come nelle canne qui mostrate), chiudibile con una lamina pesante di zinco che potesse essere sollevata anche solo leggermente; oppure, una uguale lamina veniva posta a chiudere parzialmente proprio il lato aperto: in questo caso, occludendo completamente il tubo si otteneva un suono equivalente a quello di una canna di lunghezza doppia.
Il Museo conserva varie canne a flauto in legno, di dimensioni anche molto grandi, appartenenti a serie con elementi in diverso rapporto di frequenza fra loro.
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CANNE D’ORGANO IN LEGNO


Reperti in legno
R. König, Parigi; 1864-1872 ca.


Di tubi sonori aperti se ne costruirono di due tipi: a bocca (o a flauto) e a linguetta (o ancia). I tubi a bocca, come le canne d'organo comuni, consistono di un piede, che serve a fissarle sulla soffieria, e di una canna. Nell'innesto dell'uno con l'altra vi è una piccola camera che sbocca in una stretta fenditura attraverso la quale passa l'aria: contro questa fenditura vi è una lamina tagliata a coltello.
A causa di tale disposizione, una parte dell'aria iniettata dal mantice urta contro l'orlo del coltello ed esce; l'altra penetra nella canna e ne esce dalla parte opposta. Vengono così a crearsi delle perturbazioni di pressione le quali danno origine, grazie all'instaurarsi di un fenomeno di retroazione, ad un'onda stazionaria di frequenza uguale alla frequenza di risonanza del tubo; coesisteranno delle armoniche, ma con ampiezza minore.


All'aumentare della velocità dell'aria immessa, il suono sale di frequenza potendo essere emessi gli armonici superiori sia di ordine pari, sia dispari. Poiché un tubo non può che dare un suono fondamentale e le sue armoniche superiori, in diverse occasioni si rendevano utili delle serie formate da canne di diversa frequenza fondamentale per poter generare tutti i suoni di una scala musicale e per studi sull'interferenza. Inoltre, motivi costruttivi riguardanti le soffierie rendevano conveniente mantenere costante la pressione dell'aria immessa utilizzando canne diverse per generare le armoniche superiori.
Per modificare leggermente lo stato della colonna d'aria vibrante all'interno del tubo, tenendo conto che il comportamento delle canne reali è influenzato da variazioni di temperatura e umidità, si utilizzavano spesso tubi con un foro praticato in prossimità del lato aperto (come nelle canne qui mostrate), chiudibile con una lamina pesante di zinco che potesse essere sollevata anche solo leggermente; oppure, una uguale lamina veniva posta a chiudere parzialmente proprio il lato aperto: in questo caso, occludendo completamente il tubo si otteneva un suono equivalente a quello di una canna di lunghezza doppia.
Il Museo conserva varie canne a flauto in legno, di dimensioni anche molto grandi, appartenenti a serie con elementi in diverso rapporto di frequenza fra loro.
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SOFFIERA


R. König, Parigi; 1887 ca.; 115x60x170 cm;
legno, stoffa, pelle, ottone, ferro acciaioso, osso


Questo apparecchio conservato nel Museo mostra appieno come il costruttore Koenig riuscisse a coniugare raffinatezza estetica e ingegnosa semplicità, ottenendo un ottimo accessorio per i laboratori di acustica.
La soffieria è composta da un mantice a pedale che spinge l'aria in un serbatoio a soffietto di grande capacità: il pedale si prolunga in una leva per non affaticare l'operatore. Dal serbatoio, l'aria passa ad un altro soffietto che svolge la funzione di regolatore di pressione grazie ad una barra, incernierata su di esso, lungo la quale scorre una massa che contrasta l'espansione.
L'aria può essere inviata ad una o più delle tredici imboccature per canne d'organo o sirene, poste superiormente, grazie ad altrettante valvole comandate da tasti di pianoforte bloccabili nella posizione di aperto. Altre tre bocchette poste lateralmente, di portata diversa, sono disponibili per vari usi: esse non hanno una valvola e debbono essere semplicemente tappate.
La struttura portante dell'apparato, tutti i condotti e i telai sono realizzati in legno massello; le guarnizioni sono in pelle; i tasti sono ricoperti di una lamina d'osso; stoffa impermeabilizzata all'aria è stata usata per realizzare i soffietti e pelle per le giunture delle loro parti mobili.
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SOFFIERA


R. König, Parigi; 1887 ca.; 115x60x170 cm;
legno, stoffa, pelle, ottone, ferro acciaioso, osso


Questo apparecchio conservato nel Museo mostra appieno come il costruttore Koenig riuscisse a coniugare raffinatezza estetica e ingegnosa semplicità, ottenendo un ottimo accessorio per i laboratori di acustica.
La soffieria è composta da un mantice a pedale che spinge l'aria in un serbatoio a soffietto di grande capacità: il pedale si prolunga in una leva per non affaticare l'operatore. Dal serbatoio, l'aria passa ad un altro soffietto che svolge la funzione di regolatore di pressione grazie ad una barra, incernierata su di esso, lungo la quale scorre una massa che contrasta l'espansione.
L'aria può essere inviata ad una o più delle tredici imboccature per canne d'organo o sirene, poste superiormente, grazie ad altrettante valvole comandate da tasti di pianoforte bloccabili nella posizione di aperto. Altre tre bocchette poste lateralmente, di portata diversa, sono disponibili per vari usi: esse non hanno una valvola e debbono essere semplicemente tappate.
La struttura portante dell'apparato, tutti i condotti e i telai sono realizzati in legno massello; le guarnizioni sono in pelle; i tasti sono ricoperti di una lamina d'osso; stoffa impermeabilizzata all'aria è stata usata per realizzare i soffietti e pelle per le giunture delle loro parti mobili.
HTMLText_4CB1476B_5AC0_99B2_41D2_D3CCCD9EAE72.html =
MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 2 DISCHI


Officine Galileo, Firenze 1924 ca.
43x65x60


Questo modello presenta due dischi coassiali di gomma dura contenente bachelite, disposti verticalmente, dei quali uno è fisso mentre l'altro può essere messo in rotazione a mano o mediante un piccolo motore elettrico (la macchina in esame impiegava un motore Magneti Marelli del 1924).


Lungo il bordo del disco strisciano le spazzole che permettono di caricare con carica opposta i due dischi della coppia. Un'asta metallica girevole fissata sull'asse dei dischi regola l'innesco della macchina. La coppia dei dischi è interposta tra due armature dello stesso materiale aventi funzione induttiva.


La macchina dispone di due bottiglie di Leida che consentono di aumentare la capacità dell'apparecchio. Messe a contatto con le spazzole laterali, le bottiglie-condensatori immagazzinano cariche opposte fino a "contenere" la carica necessaria per produrre una scarica fra i poli della macchina, terminanti l'uno con una sfera, l'altro con un piatto, entrambi di ottone.


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MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 2 DISCHI


Officine Galileo, Firenze 1924 ca.
43x65x60


Questo modello presenta due dischi coassiali di gomma dura contenente bachelite, disposti verticalmente, dei quali uno è fisso mentre l'altro può essere messo in rotazione a mano o mediante un piccolo motore elettrico (la macchina in esame impiegava un motore Magneti Marelli del 1924).


Lungo il bordo del disco strisciano le spazzole che permettono di caricare con carica opposta i due dischi della coppia. Un'asta metallica girevole fissata sull'asse dei dischi regola l'innesco della macchina. La coppia dei dischi è interposta tra due armature dello stesso materiale aventi funzione induttiva.


La macchina dispone di due bottiglie di Leida che consentono di aumentare la capacità dell'apparecchio. Messe a contatto con le spazzole laterali, le bottiglie-condensatori immagazzinano cariche opposte fino a "contenere" la carica necessaria per produrre una scarica fra i poli della macchina, terminanti l'uno con una sfera, l'altro con un piatto, entrambi di ottone.


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DOPPIO PENDOLO DI RIGHI


Reperto in legno e metallo, Roma; 1890 ca; 80 x 70x155


Questa macchina di bella fattura, ideata da A. Crova e perfezionata da Augusto Righi intorno al 1890, dimostra la composizione di due moti armonici ortogonali, di frequenza uguale o diversa, e l'originarsi delle relative figure di Lissajous.
E' costituita essenzialmente da due pendoli: una piattaforma libera di oscillare nella direzione ortogonale al piano del montante di legno che la sorregge, e una grande massa cilindrica contenente un piccolo imbuto di vetro, che oscilla in direzione normale alla piattaforma.
La massa cilindrica è sospesa a due lamine di metallo di lunghezza variabile mediante una manopola che consente di spostare la posizione dei vincoli e di ottenere così diverse frequenze di oscillazione. L'imbuto è destinato a contenere sabbia che, durante il moto dei pendoli, viene fatta cadere sulla piattaforma sottostante tramite un circuito elettrico che regola la chiusura e l'apertura dell'imbuto. I rapporti di frequenza tra il primo pendolo, di frequenza fissa, e il secondo pendolo di frequenza variabile, espressi sia come numeri sia come rapporti musicali, sono indicati su una scala tracciata sul sostegno centrale del montante.
Entrambi i sistemi oscillanti sono alimentati da circuiti comandati da appositi interruttori.
La sovrapposizione dei due moti armonici ortogonali viene evidenziata dalla sabbia che cade sulla piattaforma e dipende dalle frequenze relative dei due pendoli.
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DOPPIO PENDOLO DI RIGHI


Reperto in legno e metallo, Roma; 1890 ca; 80 x 70x155


Questa macchina di bella fattura, ideata da A. Crova e perfezionata da Augusto Righi intorno al 1890, dimostra la composizione di due moti armonici ortogonali, di frequenza uguale o diversa, e l'originarsi delle relative figure di Lissajous.
E' costituita essenzialmente da due pendoli: una piattaforma libera di oscillare nella direzione ortogonale al piano del montante di legno che la sorregge, e una grande massa cilindrica contenente un piccolo imbuto di vetro, che oscilla in direzione normale alla piattaforma.
La massa cilindrica è sospesa a due lamine di metallo di lunghezza variabile mediante una manopola che consente di spostare la posizione dei vincoli e di ottenere così diverse frequenze di oscillazione. L'imbuto è destinato a contenere sabbia che, durante il moto dei pendoli, viene fatta cadere sulla piattaforma sottostante tramite un circuito elettrico che regola la chiusura e l'apertura dell'imbuto. I rapporti di frequenza tra il primo pendolo, di frequenza fissa, e il secondo pendolo di frequenza variabile, espressi sia come numeri sia come rapporti musicali, sono indicati su una scala tracciata sul sostegno centrale del montante.
Entrambi i sistemi oscillanti sono alimentati da circuiti comandati da appositi interruttori.
La sovrapposizione dei due moti armonici ortogonali viene evidenziata dalla sabbia che cade sulla piattaforma e dipende dalle frequenze relative dei due pendoli.
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OROLOGIO A PENDOLO COMPENSATORE


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


L' orologio a pendolo in esame ha la particolarità di avere l'asta di sospensione costituita da nove verghe di ferro e di ottone accoppiate in modo da ridurre le variazioni di lunghezza al variare della temperatura. La cassa di noce presenta due sportelli chiusi da cristalli, uno per il quadrante, l'altro per il pendolo. Il quadrante ha tre lancette per indicare ore, minuti e secondi.
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OROLOGIO A PENDOLO COMPENSATORE


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


L' orologio a pendolo in esame ha la particolarità di avere l'asta di sospensione costituita da nove verghe di ferro e di ottone accoppiate in modo da ridurre le variazioni di lunghezza al variare della temperatura. La cassa di noce presenta due sportelli chiusi da cristalli, uno per il quadrante, l'altro per il pendolo. Il quadrante ha tre lancette per indicare ore, minuti e secondi.
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MACCHINA DI ATWOOD


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


La macchina, ideata intorno al 1780 da G. Atwood, professore di chimica a Cambridge, realizza in modo ingegnoso e versatile un dispositivo ottimale, compatibilmente con la tecnologia del tempo, per studiare il moto in caduta di un grave lungo la verticale.
Al di sopra di due montanti di legno, alti circa 2,5 m, è fissato il tribometro, costituito da una carrucola e da due coppie di ruote di ottone interconnesse in modo da ridurre gli attriti meccanici. L'asse della carrucola poggia infatti sulla periferia comune a ciascuna coppia di ruote così che, quando è in rotazione, trasmette il suo moto a queste ultime trasformando attrito radente in attrito volvente.
Sulla gola della carrucola passa una fune sottile di seta ai cui estremi sono sospesi due cilindri di ottone di uguale massa M, in equilibrio indifferente. Aggiungendo una massa addizionale m « M a uno dei due cilindri, questo inizia a scendere con accelerazione a = mg/(2M+m), minore di g. In questo modo la macchina di Atwood consente di studiare il moto di un grave, diminuendone l'accelerazione e quindi la velocità di caduta, come nel piano inclinato. Si possono così verificare le leggi del moto uniformemente accelerato (v = at, s =(1/2)at2, ecc.) misurando gli spazi percorsi dal grave su un regolo verticale, suddiviso in cm, e i tempi per mezzo di un pendolo con scappamento ad ancora che batte il secondo, scandito da un campanello azionato dall'asta del pendolo stesso.


Un sistema di leve consente al pendolo, una volta messo in moto, di comandare in modo sincrono la partenza del grave. Sul regolo sono fissati due cursori: il primo, ad anello, consente durante il moto di intercettare la massa addizionale in modo da realizzare un moto uniforme e verificare così la seconda legge della dinamica nel caso di un corpo soggetto a risultante delle forze nulla; l'altro, a disco, ha il compito di arrestare il moto del grave. La base della macchina poggia su quattro viti che servono a regolare l'ortogonalità dell'apparato rispetto al piano d'appoggio.
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MACCHINA DI ATWOOD


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


La macchina, ideata intorno al 1780 da G. Atwood, professore di chimica a Cambridge, realizza in modo ingegnoso e versatile un dispositivo ottimale, compatibilmente con la tecnologia del tempo, per studiare il moto in caduta di un grave lungo la verticale.
Al di sopra di due montanti di legno, alti circa 2,5 m, è fissato il tribometro, costituito da una carrucola e da due coppie di ruote di ottone interconnesse in modo da ridurre gli attriti meccanici. L'asse della carrucola poggia infatti sulla periferia comune a ciascuna coppia di ruote così che, quando è in rotazione, trasmette il suo moto a queste ultime trasformando attrito radente in attrito volvente.
Sulla gola della carrucola passa una fune sottile di seta ai cui estremi sono sospesi due cilindri di ottone di uguale massa M, in equilibrio indifferente. Aggiungendo una massa addizionale m « M a uno dei due cilindri, questo inizia a scendere con accelerazione a = mg/(2M+m), minore di g. In questo modo la macchina di Atwood consente di studiare il moto di un grave, diminuendone l'accelerazione e quindi la velocità di caduta, come nel piano inclinato. Si possono così verificare le leggi del moto uniformemente accelerato (v = at, s =(1/2)at2, ecc.) misurando gli spazi percorsi dal grave su un regolo verticale, suddiviso in cm, e i tempi per mezzo di un pendolo con scappamento ad ancora che batte il secondo, scandito da un campanello azionato dall'asta del pendolo stesso.


Un sistema di leve consente al pendolo, una volta messo in moto, di comandare in modo sincrono la partenza del grave. Sul regolo sono fissati due cursori: il primo, ad anello, consente durante il moto di intercettare la massa addizionale in modo da realizzare un moto uniforme e verificare così la seconda legge della dinamica nel caso di un corpo soggetto a risultante delle forze nulla; l'altro, a disco, ha il compito di arrestare il moto del grave. La base della macchina poggia su quattro viti che servono a regolare l'ortogonalità dell'apparato rispetto al piano d'appoggio.
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APPARECCHIO DI DE LA RIVE


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


Tra gli apparecchi impiegati per riprodurre in laboratorio particolari fenomeni vi è l’apparecchio di De La Rive per la produzione delle aurore polari, realizzato per riprodurre in laboratorio le aurore polari in base a una teoria proposta nel 1860 circa da De La Rive.
L’apparecchio unico nel suo genere, rappresenta una simulazione in scala del fenomeno delle aurore sulla base di una spiegazione, poi rivelatasi errata, fornita a quell’epoca; più che un apparecchio dimostrativo realizza un modello concreto che ha il compito di legittimare la teoria e di restituire all’osservatore, in modo circolare, quelle stesse evidenze sperimentali che sono i punti di partenza della teoria stessa.
Secondo De La Rive “le aurore sono prodotte da scariche elettriche che avvengono nelle regioni polari tra l’elettricità negativa della Terra e l’elettricità positiva dell’atmosfera. Tutti i fenomeni elettromagnetici che accompagnano l’aurora boreale dimostrano l’esistenza di queste scariche e delle correnti elettriche che ne derivano”.
La teoria di De La Rive si impose per qualche anno grazie alla semplicità del modello esplicativo, ma andò incontro a forti obiezioni da parte degli studiosi che ritenevano che la sede del fenomeno fosse extra-terrestre.
Le proprietà elettromagnetiche del sistema Terra-atmosfera, a quel tempo ancora sconosciute, iniziarono ad essere chiarite quando si riconobbe l’esistenza e il ruolo della ionosfera, ipotizzata solo nel 1902 dopo le osservazioni di Marconi sulla portata delle onde radio, diversa di notte e di giorno, e qualche decennio dopo, quando si scoprì che alla formazione delle aurore contribuivano fenomeni esterni all’atmosfera, legati in particolare all’interazione del vento solare con l’atmosfera terrestre.


L’apparecchio conservato al Museo, uno dei pochi esemplarti in Europa, è stato costruito tra il 1868 e il 1872 dalla Societé Genevoise di Ginevra.


Funzionamento: (da aggiungere solo se c’è abbastanza spazio)
Nell'apparecchio romano, una sfera di legno suddivisa in due emisferi incernierati tra loro, rappresenta la Terra. Nella sfera è alloggiato un elettromagnete (che riproduce il campo geomagnetico) le cui espansioni polari terminano all'interno di due campane di vetro, del diametro di 25 cm e di lunghezza di 24 cm, disposte in corrispondenza dei poli terrestri, chiuse alla base da un disco di ottone internamente isolato con vetro e ceralacca e forato al centro per permettere l'attraversamento del fusto di ferro dolce. In ciascuna campana, provvista di rubinetto per il collegamento alla pompa da vuoto, è fissato un elettrodo ad anello con asse coincidente con quello dei poli del magnete.
La sfera di legno veniva ricoperta con due strati di carta assorbente imbevuti di una soluzione salina al fine di riprodurre l'effetto dei vapori provenienti dal mare, mentre una serie di lamine di rame simulava la distribuzione dei fili telegrafici e consentiva di controllare gli effetti che avvenivano in concomitanza del verificarsi del fenomeno luminoso. Sulle lamine, che decorrono su un meridiano inferiore della sfera, sono avvitate a uguali distanze 6 placche di ottone. Tra le placche si possono stabilire dei contatti metallici mediante il filo di un galvanometro posto a distanza per non subire l'influenza della elettrocalamita. Si bagnano poi con acqua salata le strisce di carta assorbente, che si mantengono umide facendone immergere le estremità nella soluzione salina contenuta in una piccola capsula metallica (ora mancante) posta nella parte inferiore del globo. Quindi si mette in contatto la capsula metallica con l'elettrodo negativo di un rocchetto di Ruhmkorff e gli elettrodi ad anello con l'elettrodo positivo del rocchetto. Tra il ferro dolce e l'elettrodo ad anello si osserva allora una scarica luminosa che compare alternativamente nelle due campane. Non appena si aziona l'elettrocalamita, la scarica luminosa ruota per effetto della forza di Lorentz. Se si carica negativamente il ferro dolce e positivamente l'elettrodo circolare, si osserva la scarica assumere la forma di un anello dai colori rosati, e ruotare con regolarità intorno al nucleo di ferro dolce dal quale si dipartono raggi luminosi secondari, che si dirigono verso l'elettrodo circolare.
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APPARECCHIO DI DE LA RIVE


Societé Genevoise, Plainpalais
1868-1872
50 x 130 x 85


Tra gli apparecchi impiegati per riprodurre in laboratorio particolari fenomeni vi è l’apparecchio di De La Rive per la produzione delle aurore polari, realizzato per riprodurre in laboratorio le aurore polari in base a una teoria proposta nel 1860 circa da De La Rive.
L’apparecchio unico nel suo genere, rappresenta una simulazione in scala del fenomeno delle aurore sulla base di una spiegazione, poi rivelatasi errata, fornita a quell’epoca; più che un apparecchio dimostrativo realizza un modello concreto che ha il compito di legittimare la teoria e di restituire all’osservatore, in modo circolare, quelle stesse evidenze sperimentali che sono i punti di partenza della teoria stessa.
Secondo De La Rive “le aurore sono prodotte da scariche elettriche che avvengono nelle regioni polari tra l’elettricità negativa della Terra e l’elettricità positiva dell’atmosfera. Tutti i fenomeni elettromagnetici che accompagnano l’aurora boreale dimostrano l’esistenza di queste scariche e delle correnti elettriche che ne derivano”.
La teoria di De La Rive si impose per qualche anno grazie alla semplicità del modello esplicativo, ma andò incontro a forti obiezioni da parte degli studiosi che ritenevano che la sede del fenomeno fosse extra-terrestre.
Le proprietà elettromagnetiche del sistema Terra-atmosfera, a quel tempo ancora sconosciute, iniziarono ad essere chiarite quando si riconobbe l’esistenza e il ruolo della ionosfera, ipotizzata solo nel 1902 dopo le osservazioni di Marconi sulla portata delle onde radio, diversa di notte e di giorno, e qualche decennio dopo, quando si scoprì che alla formazione delle aurore contribuivano fenomeni esterni all’atmosfera, legati in particolare all’interazione del vento solare con l’atmosfera terrestre.


L’apparecchio conservato al Museo, uno dei pochi esemplarti in Europa, è stato costruito tra il 1868 e il 1872 dalla Societé Genevoise di Ginevra.


Funzionamento: (da aggiungere solo se c’è abbastanza spazio)
Nell'apparecchio romano, una sfera di legno suddivisa in due emisferi incernierati tra loro, rappresenta la Terra. Nella sfera è alloggiato un elettromagnete (che riproduce il campo geomagnetico) le cui espansioni polari terminano all'interno di due campane di vetro, del diametro di 25 cm e di lunghezza di 24 cm, disposte in corrispondenza dei poli terrestri, chiuse alla base da un disco di ottone internamente isolato con vetro e ceralacca e forato al centro per permettere l'attraversamento del fusto di ferro dolce. In ciascuna campana, provvista di rubinetto per il collegamento alla pompa da vuoto, è fissato un elettrodo ad anello con asse coincidente con quello dei poli del magnete.
La sfera di legno veniva ricoperta con due strati di carta assorbente imbevuti di una soluzione salina al fine di riprodurre l'effetto dei vapori provenienti dal mare, mentre una serie di lamine di rame simulava la distribuzione dei fili telegrafici e consentiva di controllare gli effetti che avvenivano in concomitanza del verificarsi del fenomeno luminoso. Sulle lamine, che decorrono su un meridiano inferiore della sfera, sono avvitate a uguali distanze 6 placche di ottone. Tra le placche si possono stabilire dei contatti metallici mediante il filo di un galvanometro posto a distanza per non subire l'influenza della elettrocalamita. Si bagnano poi con acqua salata le strisce di carta assorbente, che si mantengono umide facendone immergere le estremità nella soluzione salina contenuta in una piccola capsula metallica (ora mancante) posta nella parte inferiore del globo. Quindi si mette in contatto la capsula metallica con l'elettrodo negativo di un rocchetto di Ruhmkorff e gli elettrodi ad anello con l'elettrodo positivo del rocchetto. Tra il ferro dolce e l'elettrodo ad anello si osserva allora una scarica luminosa che compare alternativamente nelle due campane. Non appena si aziona l'elettrocalamita, la scarica luminosa ruota per effetto della forza di Lorentz. Se si carica negativamente il ferro dolce e positivamente l'elettrodo circolare, si osserva la scarica assumere la forma di un anello dai colori rosati, e ruotare con regolarità intorno al nucleo di ferro dolce dal quale si dipartono raggi luminosi secondari, che si dirigono verso l'elettrodo circolare.
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ANALIZZATORE ARMONICO DI KOENIG


R. König, Parigi 1864-1872
75x27x90 cm
Ghisa, ottone, acciaio, legno, vetro specchiato


Tale apparato, presentato nel 1864 dal suo ideatore e costruttore R. Koenig, è basato sulla trasduzione acustico-ottica, attuata mediante capsule manometriche, di un suono analizzato da una serie di risonatori di Helmholtz e visualizzato mediante fiamme osservate in uno specchio ruotante.
L'apparecchio è composto da un supporto verticale in metallo portante otto risonatori sferici di Helmholtz accordati sulle prime otto armoniche di 128 Hz (128, 256, 384, 512, 640, 768, 896 e 1024 Hz). Su ciascuno di essi è riporta la nota musicale corrispondente (DO2, DO3, SOL3, DO4, MI4, SOL4, settima armonica e DO5). Ognuno, attraverso l'imboccatura auricolare e tramite tubi in gomma, comunica con una capsula manometrica che comanda una fiamma: sia i risonatori che le fiamme sono disposti verticalmente gli uni sopra gli altri, un poco obliquamente in modo che le fiamme non si sovrappongano e non si perturbino reciprocamente. Subito sotto le otto capsule si trova la camera di distribuzione del gas dalla quale fuoriescono otto ugelli collegati alle capsule manometriche con tubi di gomma. Uno specchio a quattro facce ruotante manualmente è parte integrante dell'apparecchio: ha l'asse di rotazione parallelo ad una retta congiungente i becchi ed è da essi parzialmente separato con un doppio paravento che le contorna per minimizzare gli effetti perturbativi dell'aria mossa dallo specchio.
All'apparato era richiesto di provocare variazioni di ampiezza visibile nelle tracce luminose, a seguito dell'arrivo di un'onda sonora composta da una o più armoniche in risonanza con le cavità acustiche dello strumento.
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ANALIZZATORE ARMONICO DI KOENIG


R. König, Parigi 1864-1872
75x27x90 cm
Ghisa, ottone, acciaio, legno, vetro specchiato


Tale apparato, presentato nel 1864 dal suo ideatore e costruttore R. Koenig, è basato sulla trasduzione acustico-ottica, attuata mediante capsule manometriche, di un suono analizzato da una serie di risonatori di Helmholtz e visualizzato mediante fiamme osservate in uno specchio ruotante.
L'apparecchio è composto da un supporto verticale in metallo portante otto risonatori sferici di Helmholtz accordati sulle prime otto armoniche di 128 Hz (128, 256, 384, 512, 640, 768, 896 e 1024 Hz). Su ciascuno di essi è riporta la nota musicale corrispondente (DO2, DO3, SOL3, DO4, MI4, SOL4, settima armonica e DO5). Ognuno, attraverso l'imboccatura auricolare e tramite tubi in gomma, comunica con una capsula manometrica che comanda una fiamma: sia i risonatori che le fiamme sono disposti verticalmente gli uni sopra gli altri, un poco obliquamente in modo che le fiamme non si sovrappongano e non si perturbino reciprocamente. Subito sotto le otto capsule si trova la camera di distribuzione del gas dalla quale fuoriescono otto ugelli collegati alle capsule manometriche con tubi di gomma. Uno specchio a quattro facce ruotante manualmente è parte integrante dell'apparecchio: ha l'asse di rotazione parallelo ad una retta congiungente i becchi ed è da essi parzialmente separato con un doppio paravento che le contorna per minimizzare gli effetti perturbativi dell'aria mossa dallo specchio.
All'apparato era richiesto di provocare variazioni di ampiezza visibile nelle tracce luminose, a seguito dell'arrivo di un'onda sonora composta da una o più armoniche in risonanza con le cavità acustiche dello strumento.
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MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 4 DISCHI


Berliner Elektros, G.m.b.H., Berliner - Schoeneberg
1923 ca.
70x100x100


La macchina funziona in modo analogo rispetto all’esemplare a 2 coppie di dischi ed è basata sempre sul principio di Wommelsdorf della induzione ripetuta di cariche su dischi mobili. Anche qui sono alloggiate 5 coppie di dischi, di 55 cm di diametro, che fanno capo a una unica coppia di poli.
La macchina poteva essere azionata da un motore elettrico che consentiva di ottenere, tra piatto e sfera, scintille di circa 30 cm e di erogare una corrente di picco di circa 3 mA.
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MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 4 DISCHI


Berliner Elektros, G.m.b.H., Berliner - Schoeneberg
1923 ca.
70x100x100


La macchina funziona in modo analogo rispetto all’esemplare a 2 coppie di dischi ed è basata sempre sul principio di Wommelsdorf della induzione ripetuta di cariche su dischi mobili. Anche qui sono alloggiate 5 coppie di dischi, di 55 cm di diametro, che fanno capo a una unica coppia di poli.
La macchina poteva essere azionata da un motore elettrico che consentiva di ottenere, tra piatto e sfera, scintille di circa 30 cm e di erogare una corrente di picco di circa 3 mA.
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MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 4 DISCHI


Silvio Lavacchini, Milano
1901
55x102x140


Questa variante della macchina a induzione di Wommelsdorf dispone di 38 dischi mobili, di vetro, coassiali e messi in rotazione da un motore elettrico. Ogni coppia di dischi è compresa tra due armature dello stesso materiale, alternate da collettori a pettine che raccolgono le cariche prodotte per induzione ripetuta e le comunicano ai poli.
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MACCHINA DI WOMMOLSDORF A 4 DISCHI


Silvio Lavacchini, Milano
1901
55x102x140


Questa variante della macchina a induzione di Wommelsdorf dispone di 38 dischi mobili, di vetro, coassiali e messi in rotazione da un motore elettrico. Ogni coppia di dischi è compresa tra due armature dello stesso materiale, alternate da collettori a pettine che raccolgono le cariche prodotte per induzione ripetuta e le comunicano ai poli.
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LASTRE DI CHLADNI


Reperto in legno e ferro
Costruttore: Rudolf Koenig 1870 ca


Lo studio sperimentale delle vibrazioni trasversali delle lastre rigide di forma regolare in vetro o metallo si può far risalire al 1787 quando Ernest Chladni (1756 – 1827), con l’ingegnoso procedimento delle figure sonore di polvere riuscì per primo a mostrare le linee nodali in tutta la loro complessità ed estetica bellezza.
Chladni poneva in vibrazione le lastre tramite un archetto da violino sfregato in un punto del loro bordo. Cospargeva la superficie delle lastre con sabbia molto fine che, allontanandosi dalle zone di maggiore movimento vibratorio, si concentrava in quelle di vibrazione idealmente nulla.


Chladni verificò che ad uguali figure corrispondevano uguali suoni, ma non era vero il contrario.
L'apparato conservato al museo di fisica è composto da sei lastre di metallo, tre circolari e tre quadrate, bloccate nel loro centro geometrico a colonnine tornite in legno duro e fissate su una base comune con piedi, anch'essa in legno.
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LASTRE DI CHLADNI


Reperto in legno e ferro
Costruttore: Rudolf Koenig 1870 ca


Lo studio sperimentale delle vibrazioni trasversali delle lastre rigide di forma regolare in vetro o metallo si può far risalire al 1787 quando Ernest Chladni (1756 – 1827), con l’ingegnoso procedimento delle figure sonore di polvere riuscì per primo a mostrare le linee nodali in tutta la loro complessità ed estetica bellezza.
Chladni poneva in vibrazione le lastre tramite un archetto da violino sfregato in un punto del loro bordo. Cospargeva la superficie delle lastre con sabbia molto fine che, allontanandosi dalle zone di maggiore movimento vibratorio, si concentrava in quelle di vibrazione idealmente nulla.


Chladni verificò che ad uguali figure corrispondevano uguali suoni, ma non era vero il contrario.
L'apparato conservato al museo di fisica è composto da sei lastre di metallo, tre circolari e tre quadrate, bloccate nel loro centro geometrico a colonnine tornite in legno duro e fissate su una base comune con piedi, anch'essa in legno.
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CANNE D’ORGANO IN OTTONE


Reperti in ottone
Costruttore: Rudolf Koenig, 1887 ca.


Prima dell'invenzione delle sirene e del diapason, la corda e la canna furono gli unici mezzi per ottenere suoni abbastanza stabili e puliti da soddisfare le esigenze scientifiche della nascente fisica acustica.
Fra il 1700 e il 1711 J. Sauveur fece degli esperimenti fondamentali col sonometro. A seguito di essi, ipotizzò una nota fondamentale di frequenza pari a 1 Hz, determinando per via teorica la lunghezza della canna che l'avrebbe dovuta generare. Quindi dedusse la lunghezza di una canna che desse un suono di 100 Hz da usare come campione, con la quale poter misurare una frequenza sconosciuta tramite il conteggio a orecchio dei battimenti generati dai due suoni.


Così, fino all'inizio dell'Ottocento i metodi utilizzati per ottenere frequenze fisse per usi scientifici si basarono essenzialmente sull'utilizzo di tubi sonori. Nei gabinetti di fisica si vennero a formare delle collezioni, poi mantenute, di canne acustiche create e utilizzate a scopo didattico e dimostrativo per la verifica di leggi fisiche e regole musicali. Il nostro Museo ne conserva di vario tipo: in legno ne restano alcune decine; di metalliche, oltre quelle appartenenti ad un organo vero e proprio, ve n'è una serie in ottone, di splendida fattura, ordinata da Blaserna per l'Ufficio centrale del corista normale.
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CANNE D’ORGANO IN OTTONE


Reperti in ottone
Costruttore: Rudolf Koenig, 1887 ca.


Prima dell'invenzione delle sirene e del diapason, la corda e la canna furono gli unici mezzi per ottenere suoni abbastanza stabili e puliti da soddisfare le esigenze scientifiche della nascente fisica acustica.
Fra il 1700 e il 1711 J. Sauveur fece degli esperimenti fondamentali col sonometro. A seguito di essi, ipotizzò una nota fondamentale di frequenza pari a 1 Hz, determinando per via teorica la lunghezza della canna che l'avrebbe dovuta generare. Quindi dedusse la lunghezza di una canna che desse un suono di 100 Hz da usare come campione, con la quale poter misurare una frequenza sconosciuta tramite il conteggio a orecchio dei battimenti generati dai due suoni.


Così, fino all'inizio dell'Ottocento i metodi utilizzati per ottenere frequenze fisse per usi scientifici si basarono essenzialmente sull'utilizzo di tubi sonori. Nei gabinetti di fisica si vennero a formare delle collezioni, poi mantenute, di canne acustiche create e utilizzate a scopo didattico e dimostrativo per la verifica di leggi fisiche e regole musicali. Il nostro Museo ne conserva di vario tipo: in legno ne restano alcune decine; di metalliche, oltre quelle appartenenti ad un organo vero e proprio, ve n'è una serie in ottone, di splendida fattura, ordinata da Blaserna per l'Ufficio centrale del corista normale.
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SIRENA POLIFONICA DI SEEBECK – KOENIG


Reperto in legno, ferro e ottone
Costruttore: Rudolf Koenig, 1873 ca.


L'apparato conservato al museo di fisica consiste in una grossa scatola di legno, contenente il dispositivo a carica necessario per la rotazione del disco: questo viene fissato in posizione verticale e poco sotto è posizionato anche il quadrante di un contagiri.
Una guida cava pentagonale di legno contorna il disco: essa convoglia l'aria proveniente da una soffieria agli ugelli, tramite tubi in gomma, dieci sul fronte e due sul retro del disco, sorretti da guide metalliche fissabili in varie posizioni. Gli ugelli, regolati da una valvola a ghigliottina con pomello in legno, potendo agire anche contemporaneamente, creano combinazioni di suoni.
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SIRENA POLIFONICA DI SEEBECK – KOENIG


Reperto in legno, ferro e ottone
Costruttore: Rudolf Koenig, 1873 ca.


L'apparato conservato al museo di fisica consiste in una grossa scatola di legno, contenente il dispositivo a carica necessario per la rotazione del disco: questo viene fissato in posizione verticale e poco sotto è posizionato anche il quadrante di un contagiri.
Una guida cava pentagonale di legno contorna il disco: essa convoglia l'aria proveniente da una soffieria agli ugelli, tramite tubi in gomma, dieci sul fronte e due sul retro del disco, sorretti da guide metalliche fissabili in varie posizioni. Gli ugelli, regolati da una valvola a ghigliottina con pomello in legno, potendo agire anche contemporaneamente, creano combinazioni di suoni.
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CAMPANELLA IN PALLONE DA VUOTO


Reperto in ottone, vetro e lega d’argento
Costruttore: Rudolf Koenig, 1874 ca


La dimostrazione della necessità di un mezzo materiale (normalmente l'aria) per la trasmissione del suono veniva tipicamente svolta per mezzo di una sorgente sonora contenuta all'interno di un recipiente nel quale fosse possibile fare un certo grado di vuoto.
A partire dalla seconda metà del 1600 ogni gabinetto di fisica si dotò della strumentazione necessaria allo studio di tale fenomeno: Otto von Guericke sospese ad un filo una suoneria all'interno di un recipiente di vetro collegato con la sua macchina pneumatica (1665 ca.); Papin fece l'esperimento di fronte ai membri della Royal Society inglese utilizzando un fischietto posto all'imbocco del recipiente (1685); Hawksbee lo ripetè con una campanellina chiusa in un pallone da vuoto (1705).


Lo strumento conservato nel museo di fisica ha una ghiera di ottone, sigillata con ceralacca, sull'imboccatura di un pallone di vetro: un rubinetto permette il collegamento con la macchina pneumatica. All'interno è contenuta una campanellina in lega d'argento appesa ad un sostegno in grado di scuoterla.



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CAMPANELLA IN PALLONE DA VUOTO


Reperto in ottone, vetro e lega d’argento
Costruttore: Rudolf Koenig, 1874 ca


La dimostrazione della necessità di un mezzo materiale (normalmente l'aria) per la trasmissione del suono veniva tipicamente svolta per mezzo di una sorgente sonora contenuta all'interno di un recipiente nel quale fosse possibile fare un certo grado di vuoto.
A partire dalla seconda metà del 1600 ogni gabinetto di fisica si dotò della strumentazione necessaria allo studio di tale fenomeno: Otto von Guericke sospese ad un filo una suoneria all'interno di un recipiente di vetro collegato con la sua macchina pneumatica (1665 ca.); Papin fece l'esperimento di fronte ai membri della Royal Society inglese utilizzando un fischietto posto all'imbocco del recipiente (1685); Hawksbee lo ripetè con una campanellina chiusa in un pallone da vuoto (1705).


Lo strumento conservato nel museo di fisica ha una ghiera di ottone, sigillata con ceralacca, sull'imboccatura di un pallone di vetro: un rubinetto permette il collegamento con la macchina pneumatica. All'interno è contenuta una campanellina in lega d'argento appesa ad un sostegno in grado di scuoterla.



### Label Label_14F82305_1BED_F1EE_41AD_7A6E6AD00A22.text = SAPIENZA, UNIVERSITA' DI ROMA Label_14F82305_1BED_F1EE_41AD_7A6E6AD00A22_mobile.text = SAPIENZA, UNIVERSITA' DI ROMA Label_14FBC305_1BED_F1EE_41B3_DAC14B1EE44E.text = MUSEO DI FISICA Label_14FBC305_1BED_F1EE_41B3_DAC14B1EE44E_mobile.text = MUSEO DI FISICA ### Tooltip IconButton_4E4A2722_568B_2012_41A5_0FBC38E631EC.toolTip = Facebook IconButton_4E4A2722_568B_2012_41A5_0FBC38E631EC_mobile.toolTip = Facebook IconButton_4E9CE4BF_568B_2073_41B2_B430BB2D5EED.toolTip = Maps IconButton_4E9CE4BF_568B_2073_41B2_B430BB2D5EED_mobile.toolTip = Maps ## Media ### Title panorama_2CB19C17_2293_59CF_4197_2DEED088E740.label = 5 video_7208DEE6_579D_E015_41D2_7FD45CCD8459.label = Tastiera inferiore - audio video_72610301_579D_600F_41AB_8C99E267F622.label = Tastiera mediana - audio video_739D6FB4_579E_E075_41D5_0405B5542F02.label = Tastiera Superiore - audio video_750990DB_5676_E033_41D2_8FA040675C3C.label = tastiera mediana video_75EDC019_5677_203F_41C2_C05E8F6773CB.label = Tastiera superiore video_75FFF92B_569B_6013_41B2_533EC45C4D4D.label = Tastiera inferiore video_7CED2258_6A18_113A_41C4_F7635E1AE09B.label = Progetto Musica VT Tastiera Inferiore video_7D3B91F3_6A18_130E_41CC_E9BC69C03289.label = Progetto Musica VT Tastiera Mediana video_7D9D3DEF_6A1F_F316_41D8_F7A5D7C4428C.label = Progetto Musica VT Tastiera Sup ## Hotspot ### Tooltip HotspotPanoramaOverlayArea_42570AB7_5697_E072_41C2_410A4961188B.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 4 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_42661458_568D_203E_41C8_A551641EFF48.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 2 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_428534A7_568A_E013_41C2_0CBEBDF6A581.toolTip = Campanella in pallone da vuoto HotspotPanoramaOverlayArea_43B9FA1B_568B_2033_41C5_62A05F5A82B2.toolTip = Campanella in pallone da vuoto HotspotPanoramaOverlayArea_4404A1E0_55B5_E00E_4173_ADD5179FC140.toolTip = Canne d'organo in ottone HotspotPanoramaOverlayArea_44AB160E_568F_6012_41CE_374503E222B6.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 2 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_44B8F4CE_5597_2015_41CC_7BB2B26FE439.toolTip = Armonium HotspotPanoramaOverlayArea_44CFFE04_558E_E015_41C2_B046BAB5EE13.toolTip = Canne d'organo in ottone HotspotPanoramaOverlayArea_44D4E23B_558D_2073_41BE_1E6F1A946E3E.toolTip = Soffiera HotspotPanoramaOverlayArea_454FA7D8_5595_203D_4183_97D01E4721B5.toolTip = Analizzatore armonico di Koenig HotspotPanoramaOverlayArea_45ADEB91_559D_600E_41AD_A029626F7815.toolTip = Armonium HotspotPanoramaOverlayArea_45C0BA27_569D_6013_41BD_FD9ADC7288BD.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 4 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_4606189B_558F_2032_41D3_C2BC7F40ED51.toolTip = Canne d'organo in legno HotspotPanoramaOverlayArea_46187EE3_5597_6012_41D0_626C2A354B24.toolTip = Lastre di Chladni HotspotPanoramaOverlayArea_462A4455_558B_2037_41B0_E9787AF0BEF2.toolTip = Sirena polifonica di Seebeck-Koenig HotspotPanoramaOverlayArea_4722DAC4_5597_2015_41D0_D229D9DDBA9E.toolTip = Lastre di Chladni HotspotPanoramaOverlayArea_47284E5C_558E_E035_41A9_A9FE768AECAE.toolTip = Sirena polifonica di Seebeck-Koenig HotspotPanoramaOverlayArea_475F62C5_558B_6017_41CD_53EEE44AC8BC.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 4 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_478C2B90_558D_E00D_41CA_9F53D7C3C2C1.toolTip = Macchina di Wommolsdorf a 4 dischi HotspotPanoramaOverlayArea_479798D3_55B7_2032_4180_793AD44699E2.toolTip = Soffiera HotspotPanoramaOverlayArea_5AC352EB_5596_E012_41C3_1A38ACB94E6E.toolTip = Analizzatore armonico di Koenig HotspotPanoramaOverlayArea_5B3555F3_5595_23F3_419F_705F70245023.toolTip = Apparecchio di De La Rive HotspotPanoramaOverlayArea_5B37A892_5595_200D_41D2_F1C47916389D.toolTip = Canne d'organo in legno HotspotPanoramaOverlayArea_5B4A70A3_5597_6012_41CD_643B7FCBCCE5.toolTip = Orologio a pendolo compensatore HotspotPanoramaOverlayArea_5B74C5BB_558A_E073_41AB_F8548C5FBC21.toolTip = Orologio Elettrico HotspotPanoramaOverlayArea_5B9794D6_558D_2032_41C5_FE8F90432EFF.toolTip = Macchina di Atwood HotspotPanoramaOverlayArea_7700D227_568D_6012_41B2_A069E71490D0.toolTip = Canne d'organo in ottone HotspotPanoramaOverlayArea_7778BCD7_568D_6033_41D1_E4138F153F50.toolTip = Canne d'organo in ottone HotspotPanoramaOverlayArea_7D029304_6A18_170A_41D4_350CF2081B47.toolTip = Audio tastiera inferiore HotspotPanoramaOverlayArea_7D21B205_6A18_F10A_41B9_805B5ED325C0.toolTip = Audio tastiera mediana HotspotPanoramaOverlayArea_7FD79AD6_6A18_7137_41C7_3C735D81E7E1.toolTip = Audio tastiera superiore HotspotPanoramaOverlayArea_ED83DB4A_F99A_1280_41E5_49475F3958F2.toolTip = Doppio pendolo di Righi HotspotPanoramaOverlayArea_EDC02717_F9E6_1280_41E0_5209AADD1759.toolTip = Apparecchio di De La Rive HotspotPanoramaOverlayArea_EDD30F19_F9EA_1280_41E3_3ECDB8676146.toolTip = Macchina di Atwood HotspotPanoramaOverlayArea_EDF867BC_F9E6_1180_41D0_9E57C1BC6BC0.toolTip = Orologio a pendolo compensatore HotspotPanoramaOverlayArea_EDFC33AA_F9FE_1180_41D1_39F7AFE65B14.toolTip = Orologio Elettrico HotspotPanoramaOverlayArea_F3A7150A_FEFB_C154_41E8_BCD701736347.toolTip = Doppio pendolo di Righi ## 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